Continuano ad aumentare le ordinanze con le quali, in seguito all’ottenimento, da parte di banche, di decreti ingiuntivi richiesti ed ottenuti inaudita altera parte (ossia, in difetto di contraddittorio) e alla conseguente opposizione da parte dell’ingiunto, viene sospesa la provvisoria esecutorietà del titolo o, nel caso in cui non sia ancora munito della relativa clausola, essa viene negata.
Accade spesso, infatti, che il soggetto ingiunto (sia esso un imprenditore o un consumatore) notificando una valida e fondata opposizione e, dunque, instaurando il relativo giudizio di cognizione, contesti il saldo vantato dalla banca e formatosi, nel corso degli anni, a causa dell’addebito, nell’ambito del rapporto di conto corrente, di interessi, commissioni ed altri oneri non dovuti e, quasi sempre, capitalizzati trimestralmente fino a determinare, magari, anche un tasso di interesse effettivo usurario.
Come ho scritto, spesso, in vari post di questo blog o in alcune mie pubblicazioni stupisce tuttavia (e ritengo assurdo) che, malgrado siano trascorsi oltre 15 anni dalle più chiare sentenze emesse nella “primavera del 1999” dalla Corte di Cassazione che hanno confermato l’illegittimità della capitalizzazione trimestrale (mancando un uso normativo idoneo a derogare all’art. 1283 cod. civ.) con principi ribaditi, poi, anche dalle Sezioni Unite della Suprema Corte e dai giudici di merito -per non dire anche di altre pronunce che hanno confermato l’illiceità della minaccia allorché si usi uno strumento giuridico per ottenere un profitto non dovuto- ciononostante le banche, coi loro procuratori, continuano spregiudicatamente ad avanzare richieste aventi ad oggetto somme che, poi, si rivelano non fondate o, comunque, di entità inferiore a quanto richiesto. E’ evidente, quindi, come la provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo, soprattutto laddove si tratti di rapporti instaurati molti anni prima, può determinare il pericolo che i beni del soggetto ingiunto siano ingiustamente aggrediti a causa di un titolo che, piuttosto che rappresentare un credito certo, liquido ed esigibile, all’esito del giudizio venga, poi, revocato.
Si comprende, pertanto, da una parte, l’onere del debitore (o meglio, forse, sarebbe il caso di dire, del “presunto o apparente debitore”) di presentare, nei 40 giorni dalla notifica del decreto, valida e fondata opposizione e, dall’altra, la necessaria, massima prudenza da parte del Giudice nel valutare, congiuntamente alle eccezioni formulate dall’opponente, la sussistenza dei presupposti per concedere la provvisoria esecutorietà richiesta dalla banca o, qualora il titolo sia già esecutivo, per sospenderne l’efficacia fino all’esito del giudizio.
Tra le varie ordinanze (vedasi anche mie precedenti considerazioni, alla fine del presente post) denota grande attenzione e prudenza quanto ritenuto dal Tribunale di Roma in un caso in cui la banca aveva richiesto il decreto ingiuntivo sia nei confronti dell’impresa correntista che dei fideiussori. Il titolo veniva notificato prima nei confronti di questi ultimi e, successivamente, per un errore nella notifica, all’impresa, ragion per cui venivano proposte due autonome opposizioni.
Tra i vari motivi, gli opponenti eccepivano che la banca stessa aveva ammesso che il conto corrente era sorto, nel lontano 1980, con la dante causa o meglio con la sua “antenata” senza, però, produrre un valido contratto visto che il documento prodotto non conteneva valide pattuizioni in merito al tasso degli interessi, alle commissioni di massimo scoperto, alla valuta e risultava palese, d’altronde, l’illegittimità della clausola relativa alla capitalizzazione trimestrale. Contestata, per vari motivi, qualsivoglia ragione di credito della banca e spiegando domanda riconvenzionale, chiedevano, quindi, l’accertamento del loro credito (e non debito) domandando, quindi, la condanna della banca alla restituzione degli importi addebitati nel corso del lungo rapporto.
Alla prima udienza, malgrado fosse stata richiesta la riunione del giudizio con l’altro conseguente alla separata opposizione (proposta da parte dei fideiussori), la banca ha insistito nella concessione della provvisoria esecutorietà alla quale, ovviamente, l’impresa da me assistita si opponeva categoricamente .
Con ordinanza del 7 Agosto 2014 il Giudice, esaminati gli atti e provveduto in merito alla riunione dei giudizi, ha rigettato l’istanza.
E’ stato, infatti, correttamente ricordato, innanzitutto, che “l’esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo può essere concessa quando l’opposizione non risulta esser fondata su prova scritta idonea a dimostrare l’insussistenza dei fatti allegati dall’ingiungente a fondamento della sua pretesa ovvero la sussistenza di fatti estintivi, impeditivi o modificativi della stessa, nè appare di pronta soluzione“. Ribadito, poi, che “(…) il giudice è tenuto ad accertare l’esistenza di un fumus boni iuris del diritto vantato dalla parte opposta” allo stato non sono stati rilevati, nel caso di specie, “elementi che possano condurre ad una valutazione di approssimativa verosimiglianza circa l’esistenza del diritto lamentato, nella sua interezza, avuto riguardo alla non manifesta infondatezza delle eccezioni sollevate dall’opponente e rilevabili d’ufficio, con particolare riguardo a quelle aventi ad oggetto la nullità delle clausole applicate ai rapporti bancari dedotti in giudizio relative alle condizioni economiche applicate, in difetto della produzione del relativo documento contrattuale“.
Un provvedimento, dunque, che non solo appare conforme alla legge e alla giurisprudenza in materia ma che conferma, altresì, la necessaria prudenza laddove, come in casi analoghi, la provvisoria esecutorietà di un titolo, in mancanza del fumus boni iuris del credito vantato dalla banca, può, nelle more del giudizio, compromettere seriamente vari diritti fondamentali della persona tra i quali quello alla salute, alla proprietà privata, all’impresa, al domicilio.
Il testo dell’ordinanza: Trib. Roma, ord. 7 Agosto 2014
Precedenti post sulla provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo e su provvedimenti di rigetto o di sospensione, cliccare sui seguenti link:
https://ilblogdirobertodinapoli.wordpress.com/2013/05/04/anatocismo-e-usura-e-anche-il-tribunale-di-padova-sezione-di-este-sospende-la-provvisoria-esecutorieta-del-decreto-ingiuntivo-ottenuto-dalla-banca/
https://ilblogdirobertodinapoli.wordpress.com/2013/04/25/anatocismo-e-usura-negata-lesecutorieta-al-decreto-ingiuntivo-se-la-banca-non-fornisce-valida-prova-del-credito-due-ordinanze-del-tribunale-di-roma-e-di-bergamo/
Sul tema, mi permetto di segnalare anche il mio recente “L’usura nel contenzioso bancario“, Maggioli, 2014 (cliccare qui) nonchè “Anatocismo e vizi nei contratti bancari“, Maggioli, IV edizione, 2013.

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