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BUON ANNO!

Posted by Roberto Di Napoli su 1 gennaio 2023

A tutti gli amici, ai lettori di questo blog e, soprattutto, alle vittime di abusi bancari e a quanti soffrono, rivolgo i miei più cari e sinceri auguri per un Felice Anno Nuovo con auspicio che sia ricco, principalmente, di serenità e salute.

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La riduzione della durata dei giudizi civili non deve comportare il rischio di una “giustizia sommaria”. Mie brevi e semplici considerazioni sulla predisposizione di bozze di provvedimenti da parte di soggetti diversi dal Giudice e sulla trattazione delle udienze

Posted by Roberto Di Napoli su 10 dicembre 2022

La riproduzione anche parziale del contenuto del blog è riservata. E’ consentita la riproduzione solo citando la fonte o il link del blog o del singolo post

Il tentativo di rendere più celere la definizione dei giudizi civili rappresenta il principale obiettivo a cui tende la riforma del processo civile così come predisposta dal Legislatore Delegato con il d.l.gs. 10 ottobre 2022, n. 149 di cui è prossima l’entrata in vigore. Strumentale a tale scopo è (o, forse, è stato ritenuto) anche il “potenziamento” dell’ufficio del processo (struttura già esistente e composta, oltre che da magistrati onorari di pace o tirocinanti, da altre figure professionali tra cui: coloro che svolgono la formazione professionale ex l. 111/2011, da personale delle cancellerie e laureati in giurisprudenza assunti a tempo determinato ex art. 11 d.l. 80/2021, conv. in l. 113/2021). Con il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 151 ne sono state ampliate le competenze e si è prevista sua la costituzione non solo nei tribunali e corti d’appello, ma anche in altri uffici giudiziari. Il raggiungimento di un tale fine (così come la definizione dei processi penali in un tempo di durata ragionevole) è certamente condivisibile ed auspicabile. L’esame di alcune disposizioni della “neonata” riforma renderebbe opportuno, forse, però, anche un urgente intervento correttivo affinché l’ambizione (o illusione?) che il cittadino possa ottenere giustizia in tempi rapidi non comporti una “giustizia sommaria” con grave compromissione o negazione dello stesso diritto ad ottenere giustizia, nel pieno rispetto del contradittorio e all’esito di una “cognizione piena” dei fatti e delle prove allegati e prodotte dalle parti. La riduzione della durata dei giudizi è un obiettivo doveroso ed auspicabile ma non si può raggiungere con strumenti e modalità che aumentino il rischio di una giustizia sommaria o di una “non giustizia”: altrimenti, si farebbe prima ad eliminare qualsiasi possibilità di difesa e, sicuramente, il “giudizio” durerebbe pochissimo. Si è esaltato, forse, un po’ troppo il “potenziamento” dell’organico e delle funzioni dell’ufficio del processo senza che si sia sufficientemente riflettuto sull’opportunità e sui rischi di quanto previsto all’art. 5, lett. a) d.lgs. 151/2022 in cui si è introdotta la possibile “predisposizione di bozze di provvedimenti” da parte dei componenti l’ufficio (che, come sopra accennato, presso i tribunali, possono essere anche laureati in giurisprudenza assunti nell’ufficio o soggetti diversi da Giudici o magistrati tirocinanti). Mi domando: come potrà, il cittadino, essere sicuro che il provvedimento sia stato effettivamente visionato dal Giudice e sia frutto del suo attento esame del fascicolo? E’ vero, esiste l’appello, ma, a prescindere che una tale risposta sarebbe in contrasto con l’obiettivo della durata celere dei giudizi e della riduzione dei procedimenti, la stessa possibilità di redazione di bozze di provvedimenti da parte dell’ufficio del processo è prevista anche in quello che dovrebbe essere il giudizio di secondo grado (sebbene, dinanzi alla Corte d’Appello, al momento, i componenti dovrebbero essere Giudici ausiliari ex art. 62 d.l. 69/2013, conv. in l. 98/2013 i quali sono nominati tra soggetti diversi dai magistrati ordinari di ruolo) e, perfino, in Cassazione. Mi sembra un serio pericolo per la giustizia civile che non significa solamente recupero crediti di banche o imprese: significa assicurare al cittadino l’esercizio dei propri diritti e che non si possa dubitare che il provvedimento sia il risultato di un’effettiva conoscenza da parte del Giudice a cui il fascicolo è stato assegnato secondo le norme sulla precostituzione del Giudice naturale. I cittadini possono essere certi e devono credere, senza possibilità di dubitare, che il provvedimento sia davvero, sempre e unicamente, il risultato dell’attenta e infallibile cognizione del Giudice o che la competenza del Giudice sia trasmessa e trasmissibile in chi gli è accanto? E’ probabile, laddove vi sia un Giudice scrupoloso e attento e laddove vi siano altrettanto scrupolosi e attenti componenti dell’ufficio del processo: un’attenta e scrupolosa verifica da parte del Giudice di bozze di provvedimenti, laddove esse siano predisposte da “non giudici”, mi pare, però, un’attività poco compatibile con il fine di agevolare la celere emissione dei provvedimenti e potrebbe ritardare, piuttosto che accelerare, la definizione dei giudizi. Pur essendo, personalmente, contrario alla predisposizione di bozze di provvedimenti da parte di soggetti diversi dal Giudice, credo , tuttavia, che per contemperare l’esigenza di maggiore celerità dei giudizi, anche attraverso la collaborazione dell’ufficio del processo, con l’altrettanto imprescindibile necessità che il provvedimento (soprattutto, la sentenza o la decisione che definisce il procedimento) sia il risultato dell’attento studio o verifica da parte del magistrato, potrebbero essere suggeriti dei correttivi nel seguente senso: 1) il Giudice dovrebbe essere tenuto a dichiarare se il provvedimento è stato redatto con la collaborazione dell’ufficio del processo indicando i nomi dei componenti; 2) laddove il provvedimento sia impugnato, la verifica dei motivi dell’impugnazione non dovrebbe essere demandata a soggetti diversi dal Giudice decidente . Vi è, poi, un’altra disposizione della riforma che meriterebbe una immediata revisione (oltre ad altre pur necessarie) visto che entrerebbe in vigore già dal prossimo 1 gennaio. La discrezionalità attribuita al Giudice in merito alla prerogativa se trattare l’udienza “in presenza” o con trattazione scritta o in videocollegamento, a mio modesto parere, non sempre può rivelarsi uno strumento utile ad una corretta decisione e, dunque, ad evitare la prosecuzione del giudizio nei gradi successivi. Ci possono essere udienze nelle quali, effettivamente, è inutile la partecipazione personale dei difensori o nelle quali sono essi stessi a preferire la “trattazione scritta”. Continuo a credere, però (come ho scritto, nei mesi scorsi, in miei precedenti post su questo stesso blog), che è al difensore che dovrebbe essere riservata la scelta sulle modalità più confacenti alla difesa nel singolo caso: ci possono essere ragioni per le quali questi ritenga più utile “discutere” verbalmente, dinanzi al Giudice, in merito ad una determinata questione di fatto o di diritto, oppure, intenda replicare immediatamente al difensore di controparte, oppure, assumere alcune determinazioni che possano essere diverse a seconda della difesa avversaria. E’ sufficiente leggere la maggior parte di provvedimenti con i quali, finora, è stata disposta la “trattazione scritta” per potersi rendere conto di come sia prevista la sola redazione di “istanze e conclusioni”, senza nemmeno prevedersi la possibilità di replicare. La normativa emergenziale di cui al d.l. 34/2020, convertito in legge 77/2020, all’art. 221, comma quarto, prevedeva la possibilità, entro il termine di cinque giorni dall’adozione del provvedimento col quale è stata disposta la trattazione scritta, di chiedere la trattazione dell’udienza in presenza. Nella realtà, molti Giudici hanno ritenuto e ritengono che la richiesta sia valutabile discrezionalmente negando, molte volte, l’udienza “in presenza” (la prerogativa di fissare le udienze con modalità diverse dall’udienza in presenza è stata prorogata fino al 31 dicembre 2022, dunque, anche oltre il periodo di emergenza: fino a tale data si sono consentiti concerti, partite di calcio ma si è ritenuta pericolosa la trattazione di udienze “in presenza”). La riforma di cui al d.lgs. 149/2022 prevede l’introduzione, nel codice di procedura civile, dell’art. 127 ter con il quale il Giudice potrà sempre disporre che l’udienza sia celebrata in trattazione scritta (laddove non abbia disposto che sia tenuta in videocollegamento) “salvo opposizione” di una delle parti. La stessa norma, tuttavia, dispone che sull’opposizione il Giudice decida con decreto non impugnabile, ragion per cui la valutazione non potrà, di fatto, che essere discrezionale. Pur consapevole delle possibilità offerte dalla tecnologia e, in primis, dagli strumenti informatici, credo che il dialogo dinanzi al Giudice e nel contraddittorio “immediato”, in alcuni casi, sia insostituibile e, comunque, un effettivo esercizio del diritto e onere della difesa dovrebbe attribuire al solo difensore la scelta sulla modalità di trattazione dell’udienza nell’interesse del proprio assistito e, forse, anche della stessa Giustizia. Scriveva Chiovenda: “la libertà del convincimento … vuole l’aria e la luce dell’udienza. Nei labirinti del processo scritto essa si corrompe e muore”. Non sempre, poi, la nota di trattazione scritta si presta alla sinteticità e alla chiarezza al tempo stesso richieste dall’ordinamento e che debbano essere volte a soddisfare la domanda di Giustizia e a contribuire all’emissione di una pronunzia “giusta”. Insegnava Piero Calamandrei nell’ “Elogio dei giudici”: “Il processo si avvicinerà alla perfezione quando renderà possibile tra giudici e avvocati quello scambio di domande e risposte che si svolge normalmente tra persone che si rispettano, quando, sedute intorno a un tavolino, cercano nel comune interesse di chiarirsi reciprocamente le idee. Spezzando l’arringa di un dialogo, l’arte oratoria ci perderà: ma ci guadagnerà la giustizia”. Con la riforma, la sostituzione dell’udienza “orale” con una nota di trattazione scritta non spezzerà l’arringa di un dialogo: non vi sarà proprio. Sarà sostituito, semmai, da una nota scritta che, secondo il tenore letterale della norma, deve contenere le sole “istanze e conclusioni” nel rispetto di principi di sinteticità e chiarezza. Ma cosa significa sinteticità? Quali sono i limiti concretamente rispettabili? Credo, ancora, che la progressiva riduzione o scomparsa delle udienze dinanzi al Giudice civile di merito (dinanzi ai Giudici di Legittimità le udienze “in presenza” già da tempo sono un’eccezione), non potrà non influire sull’apprendimento, da parte degli stessi praticanti, dell’attività forense, dell’oratoria, delle strategie difensive o sulla conoscenza e il dialogo tra gli stessi avvocati nell’interesse dell’assistito ma anche del reciproco confronto e della crescita professionale di ciascuno.

Ritengo, insomma, che già questi due aspetti della riforma del processo civile, ossia, la predisposizione di bozze di provvedimenti da parte dell’Ufficio del processo, nonché, la stabilizzazione della possibilità della celebrazione delle udienze “in trattazione scritta” malgrado l’opposizione del difensore, possano costituire un non trascurabile pericolo per tutti i cittadini visto che così come il processo penale investe la libertà delle persone, quello civile può avere ad oggetto la vita stessa, l’alimentazione, la famiglia, la proprietà e, in sintesi, i diritti fondamentali di ogni soggetto.

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Il 21 dicembre 2022, seminario all’Università degli studi dell’Aquila: “alla ricerca di un linguaggio comune tra matematica e diritto”

Posted by Roberto Di Napoli su 2 dicembre 2022

Interverrò anche quest’anno all’interessante seminario, organizzato dall’Università degli studi dell’Aquila, che si terrà, nell’Aula Magna della sede di Economia, mercoledì 21 dicembre 2022 dalle 9,30 alle 13,30.

Nel corso dell’incontro -rivolto, principalmente, agli studenti del corso di Economia- saranno evidenziati gli aspetti di complementarietà tra matematica e diritto con riferimento ai rapporti bancari. Nella prima parte della mattinata, dopo i saluti del Presidente del Cad di Economia Prof. Walter Giulietti (Professore Ordinario di diritto amministrativo) e l’introduzione del Prof. Fabrizio Marinelli (Professore ordinario f.r. di diritto privato), sono previsti gli interventi -moderatrice la Prof.ssa Carla Barracchini– del Prof. Antonio Annibali (professore oridnario f.r. di matematica finanziaria all’Università La Sapienza di Roma) e del dott. Francesco Oliveri, autori, peraltro, di varie pubblicazioni e interventi che hanno messo in luce i diversi effetti derivanti, in alcune tipologie di rapporti (come, ad esempio, nei mutui o leasing), dall”utilizzo di un regime finanziario con capitalizzazione semplice o composta. Nella seconda parte della mattinata, interverrà il dott. Domenico Provenzano, magistrato del Tribunale di Massa, estensore di importanti pronunce in materia bancaria.

Come avevo scritto nel mio post circa un anno fa, la complementarietà tra matematica e diritto è innegabile e, spesso, imprescindibile, nella verifica della corretta instaurazione ed esecuzione dei rapporti bancari: laddove ci si trovi a verificare la legittimità della pretesa nei rapporti tra banche e utenti, la verifica della conoscenza o conoscibilità del reale costo dell’operazione, così come l’utilizzo di una formula piuttosto che un’altra, può essere determinante nella stessa valutazione della fondatezza delle domande o delle eccezioni delle parti, nella quantificazione dell’importo conteso, nonché per verificare il tasso effettivo applicato ed eventuali “oneri occulti”. L’esame di alcune pronunce suscita interrogativi in merito alla possibile, o meno, interpretazione e applicazione della legge in senso difforme dalla “regola” matematica; altre decisioni fanno riflettere sui presupposti affinché un dato statistico possa qualificarsi “oggettivo” e costituire un valido parametro di confronto per la verifica di legittimità di una clausola contrattuale. La rilevanza della complementarietà” tra matematica e diritto è evidente, quindi, se si pensa al “bene della vita” da tutelare e ai diritti fondamentali della persona umana che, quasi sempre, possono essere coinvolti e, talvolta, sono stati pregiudicati.

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Anatocismo sui conti correnti dopo il 2000: alcune pronunce dei giudici di merito aderiscono al principio affermato dalla Cassazione (ord. 4321/22)

Posted by Roberto Di Napoli su 12 ottobre 2022

La Corte di Cassazione, con ordinanza del 10 febbraio 2022 n. 4321, ha riconosciuto l’illegittimità della capitalizzazione trimestrale, nei rapporti di conto corrente, anche per il periodo successivo alla delibera Cicr 9 febbraio 2000 laddove il tasso effettivo annuo creditore sia identico a quello nominale: ciò in quanto una simile previsione contrattuale rende evidente che non potrà mai esservi anatocismo in favore del correntista e, quindi, di fatto, non potrà mai esservi il rispetto della condizione di reciprocità (prevista, invece, dagli artt. 120 d.lgs. 385/1999 e dall’art. 6 delibera Cicr cit. quale conditio sine qua non per potersi ritenere legittima la capitalizzazione a favore della banca). In un mio precedente post, lo scorso mese di febbraio, ricordavo che già nel 2007, sin dalla II edizione del mio volume “Anatocismo bancario e vizi nei contratti” edito da Maggioli fino alla VI uscita a marzo 2020, avevo rappresentato come, spesso, nemmeno la disciplina intervenuta con la modifica dell’art. 120 d.lgs. 385/1993 e con la delibera Cicr 9 febbraio 2000 venisse rispettata, con il conseguente diritto del correntista ad ottenere la ripetizione degli oneri anatocistici anche per il periodo successivo al 2000. Prima del recente intervento degli ermellini, alcune pronunce dei giudici di merito, negli anni scorsi, già avevano riconosciuto la validità del principio sollevato dalla difesa degli utenti bancari (ad esempio: Trib. Salerno, sent. 5 novembre 2019, n. 3507, pubblicata sulla banca dati Diritto e contenzioso bancario nonché nel mio Anatocismo bancario e vizi nei contratti, cit. in nota pg. 180, VI ediz. 2020) che, ora, può continuare ad essere invocato visto quanto affermato dalla Cassazione.

Verificata la documentazione contrattuale e, quindi, la sussistenza dei presupposti, l’eventuale eccezione di nullità della clausola “anatocistica” e dei conseguenti oneri può essere rilevante anche ai fini della formulazione dei quesiti al consulente tecnico d’ufficio o dell’esame della correttezza della metodologia di calcolo seguita nella rideterminazione del rapporto.

Vari Tribunali hanno già manifestato di aderire al principio riconosciuto dai Giudici di Legittimità con la recente pronuncia (Trib. Brindisi, ord. 19 aprile 2022, pubblicata sul sito Centro Anomalie bancarie)

Il Tribunale di Latina, con ordinanza del 19 agosto 2022, accogliendo le richieste della correntista da me patrocinata, ha ordinato al c.t.u. di verificare se la metodologia seguita sia conforme al principio riconosciuto dalla Cassazione con l’ordinanza n. 4321/2022. E’ stata accolta, inoltre, la richiesta di esibizione di vari assegni di cui la correntista aveva chiesto copia ancora prima di intraprendere l’azione giudiziaria ma che, invece, la banca, senza alcun motivo, non aveva fornito (ricordo una precedente ordinanza emessa, in un caso simile, dal Tribunale di Ravenna già nel 2010 con la quale, allo stesso modo, il Giudice aveva ordinato l’esibizione dei titoli contestati; vd, mio precedente post del 13 maggio 2010 e l’ordine di esibizione degli assegni addebitati nel corso del rapporto).

In merito all’ordinanza della Corte di Cassazione del 10 febbraio 2022 n. 4321, segnalo anche una mia breve nota pubblicata su Diritto.it: Nei rapporti di conto corrente bancario, è illegittima la capitalizzazione se il tasso nominale e il tasso effettivo annuo creditore coincidono

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Da TGCOM 24: Papa: la storia regredisce, è in atto una terza guerra mondiale ‘totale’ 

Posted by Roberto Di Napoli su 11 settembre 2022

Papa: la storia regredisce, è in atto una terza guerra mondiale ‘totale’ 

Papa: la storia regredisce, è in atto una terza guerra mondiale ‘totale’ 

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E’ ancora attuale il costo dei conti correnti il cui aumento fu giustificato anni fa dal tasso Euribor negativo?

Posted by Roberto Di Napoli su 31 luglio 2022

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Quasi due anni fa, molte banche italiane, adducendo, come giustificazione, il costo dalle stesse dovuto per il mantenimento dei depositi su conti correnti e determinato dal tasso Euribor negativo, aumentarono il costo di gestione; alcune banche, addirittura, hanno chiuso i conti nei quali vi erano depositati importi superiori a 100 mila euro invitando gli utenti a investire l’eccedenza in strumenti finanziari o di risparmio.

Nel corso degli ultimi mesi, come sappiamo, la situazione del mercato del credito è variata: il tasso Euribor è tornato positivo, la BCE, nell’ottica di contrastare l’aumento dell’inflazione, ha aumentato i tassi di riferimento e sono aumentati, conseguentemente, i tassi di interesse pretesi dalle banche alla clientela. Il mercato del credito, quindi, è cambiato rispetto a due anni fa: ciononostante non solo il rendimento delle giacenze è rimasto sostanzialmente nullo ma i conti correnti sono rimasti abbastanza cari (con costi, forse, anche aumentati nell’ultimo anno). Ci si dovrebbe chiedere, allora: è ancora attuale la giustificazione fornita, due anni fa, dalle banche per aumentare i costi di gestione dei conti correnti già, peraltro, gravati da imposte e altre commissioni?

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In italian, please!

Posted by Roberto Di Napoli su 23 giugno 2022

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Pur apprezzando la lingua inglese (che comprendo discretamente sia pure non possa dire di poterla parlare in modo fluido, anche se, forse, non peggio di qualche ex premier), trovo incoerente il dilagante utilizzo di termini anglosassoni nel Paese di Dante Alighieri e di cui tante sono state le recenti celebrazioni per i 700 anni dalla morte. Ancora meno accettabile, a mio avviso, è che sia utilizzata, in Italia, da rappresentanti di Istituzioni o di organi dello Stato nelle conferenze stampa o, addirittura, nei testi di legge. Il cittadino italiano deve conoscere l’italiano o l’inglese? Potrei, forse, ritenerlo accettabile in determinate riunioni professionali tra colleghi o tra conoscitori dello stesso settore in cui , magari, il termine stesso ha avuto un’origine anglosassone (ad esempio: termini utilizzati in discipline economiche). Ricordo che alcuni clienti -divenuti, poi, amici- una volta, dopo avermi chiesto dei consigli e rimasti d’accordo nel proseguire l’incontro l’indomani, nel salutarci, mi ricordavano che “allora” ci saremmo visti alle 10 per un “briefing“: risposi -scherzando e fingendo di non aver capito- che il roast-beef lo avrei preferito verso l’ora di pranzo. Ma perché in Italia non deve essere usato l’italiano? Gli altri Paesi rispettano “il nostro idioma”? Facciamo caso quando compriamo un prodotto o vediamo una scritta tradotta in più lingue: c’è anche la traduzione nella nostra? In che posto nell’ordine? Mi è piaciuto molto l’articolo a firma di Paolo Armarioli su Il Sole 24 Ore del 21 giugno scorso: “Troppi anglicismi, così l’italiano viene fatto a pezzi“. Cita alcuni esempi di recenti provvedimenti normativi, pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale, contenenti termini in inglese (e, in realtà, anche di un termine italiano -“resilienza”- frequentemente usato “a capocchia”). Ho letto che, per fortuna, in sede di conversione di un decreto legge, il Parlamento ha “convertito” in italiano vari termini inglesi che erano contenuti nel precedente provvedimento d’urgenza (talmente urgente, forse, che gli estensori del decreto avevano preferito lasciare i termini “in english” ….forse pensando fosse più “trandy” o “easy”). Ricordo Alberto Sordi in Un americano a Roma quando, fingendo di essere il poliziotto di Kansas city, dava indicazioni stradali alla coppia americana (“all right“) facendola finire nel burrone (anzi, nel “burone daa Maranella“). Appunto. L’utilizzo della lingua inglese da parte di alcuni politici o rappresentanti italiani può anche essere pericoloso: “in italian, please!”

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Ospite del portale Foroeuropeo per una rassegna di recenti pronunce giurisprudenziali relative al contenzioso bancario

Posted by Roberto Di Napoli su 22 giugno 2022

Ringrazio il portale Foroeuropeo per avermi invitato, ancora una volta, ieri 21 giugno 2022, per fornire un aggiornamento sulle più recenti pronunce in merito ad alcune questioni che emergono, frequentemente, nel contenzioso tra banche e utenti. Il seminario è stato trasmesso in videoconferenza di gruppo a distanza. E’ stato accreditato dal CNF con riconoscimento, ai partecipanti, di due crediti per la formazione continua degli avvocati. Insieme al collega avv. Daniele Rossi abbiamo parlato delle seguenti tematiche:

Tan e Teg creditore identici: recenti pronunce giurisprudenziali riguardo alla verifica dell’effettiva reciprocità della capitalizzazione
La prescrizione dell’azione di ripetizione degli indebiti
La nullità delle fideiussioni con clausole in violazione della normativa antitrust dopo Cass. S.U. 41994/21
Cessione e prova della titolarità del credito
Rifiuto della banca al dialogo in fase di mediazione ed effetti sul decreto ingiuntivo opposto
Sovrafinanziamento e riflessi sostanziali e processuali sul rapporto di mutuo. In attesa della decisione delle Sezioni Unite
Un utile strumento a tutela dell’abitazione del consumatore: la sospensione della procedura esecutiva ex art. 41 bis d.l. 124/2019 come modificato dall’art. 40 ter della legge n. 69/21 di conversione del d.l. n. 41/21

Pubblico di seguito la videoregistrazione estratta dal canale Youtube del foroeuropeo

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