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La banca notifica decreto ingiuntivo per oltre 180 mila euro a vedova ottantenne ma la firma della fideiussione era falsa. Il giudice revoca il provvedimento e condanna la banca al pagamento delle spese di lite.

Posted by Roberto Di Napoli su 29 agosto 2015

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Dopo essere stata accertata, con un’approfondita consulenza tecnica grafologica, la falsità della firma che risultava apposta su un modulo di fideiussione, il Tribunale di Milano (Giudice L. Cosentini, sent. 15 Maggio 2015, n. 6155) ha revocato il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo che era stato ottenuto, in virtù del suddetto modulo, da uno dei principali colossi bancari contro una povera ottantenne da me assistita.

Il caso. Nel 2012, la banca, asserendo di essere creditrice di circa 180 mila euro nei confronti di un’impresa con la quale era intercorso un rapporto di apertura di credito in conto corrente e sostenendo che, a garanzia delle relative obbligazioni, fosse stata sottoscritta fideiussione dal socio amministratore nonché dalla moglie, notificava il decreto ingiuntivo ottenuto, perfino, con clausola di provvisoria esecutorietà (titolo idoneo, dunque, all’iscrizione di ipoteca e quale titolo esecutivo). Proponeva opposizione, pertanto, con separate difese, oltre che la società correntista, anche la fideiubente la quale disconosceva l’autenticità della firma solo apparentemente a lei riconducibile e insisteva, intanto, nella sospensione della provvisoria esecutorietà. Scambiate le memorie ex art. 183, VI comma, c.p.c., il giudice sospendeva la provvisoria esecutorietà nei confronti della sola fideiubente da me rappresentata disponendo consulenza tecnica grafologica al fine di verificare l’autenticità della sottoscrizione. Dopo ben tre approfondimenti istruttori da parte del ctu sia sull’originale del modulo che su alcune fotocopie e valutate anche le osservazioni dei rispettivi consulenti di parte, il Tribunale di Milano, nella persona del Giudice Laura Cosentini, con sentenza del 15 Maggio 2015 ha accolto l’opposizione proposta dalla fideiubente da me rappresentata.

Il provvedimento. La sentenza appare interessante in quanto non si limita a recepire le risultanze della consulenza tecnica grafologica ma, in accoglimento dell’opposizione, rigetta anche quanto era stato sostenuto dalla banca secondo cui la povera vedova ottantenne aveva riconosciuto la fideiussione quando, a suo dire, avrebbe inviato una missiva nella quale chiedeva “lo scarico” della garanzia. Accogliendo quanto da me sostenuto, ossia, che l’utilizzo del termine “scarico” nella missiva inviata da una persona anziana, appena deceduto il marito, autonomamente e senza difensore, non significava affatto riconoscimento, bensì, appunto manifestava la volontà di far prendere atto dell’inefficacia in quanto, appunto, non da lei apposta, il giudice, come accennato, ha rigettato la tesi della banca che è stata condannata al pagamento delle spese legali.

E’ stato confermato, invece, il decreto nei confronti della società correntista. Sebbene quest’ultima abbia svolto autonoma difesa con la quale, a mezzo di altro difensore, chiedeva la declaratoria di nullità di varie clausole, appare discutibile, a mio modesto avviso, la motivazione con la quale è stata rigettata la relativa opposizione.

Per far ottenere il rimborso delle spese legali alla povera ottantenne, risultata vittoriosa con la revoca del decreto ingiuntivo che era stato emesso nei suoi confronti, è stato necessario notificare atto di precetto alla banca dal momento che, malgrado avesse rassicurato di pagare spontaneamente le spese di lite liquidate dal giudice, ritardava ad adempiere. Ritardo che le è costato anche il pagamento delle relative spese del precetto.

I precedenti. Non è la prima volta che viene revocato un decreto ingiuntivo a causa della non veridicità della firma risultante su modulo di fideiussione. Anni fa, in un caso analogo, all’esito di un’opposizione a decreto ingiuntivo, il Tribunale di Brescia revocò il decreto ingiuntivo (anche in questo caso provvisoriamente esecutivo) ottenuto da una delle principali banche nei confronti di un anziano al quale, in conseguenza del provvedimento, la banca aveva prosciugato il conto lasciandolo, così nelle immaginabili difficoltà. Proposta opposizione, il cliente, da me difeso, verificato anche dal ctu che la firma fosse apocrifa, ottenne la restituzione di quanto era stato prelevato dalla banca ancora prima della sentenza mediante un provvedimento chiesto ed ottenuto urgentemente in corso di causa.

Particolarmente interessante una recente sentenza emessa dal Tribunale di Verona nel mese di Luglio con la quale è stato revocato un decreto ingiuntivo di oltre unmilione di euro a carico di fideiussore di società fallita. Motivo della revoca, in questo caso, è stato il mancato assolvimento, da parte della banca, dell’onere di provare pienamente la fondatezza del credito ingiunto. Anche in questo caso, la banca che tentava di ottenere il pagamento dell’ingente somma è stata condannata al pagamento delle spese di lite nei confronti del fideiussore da me difeso.

Per leggere la sentenza del Tribunale di Milano, 15 Maggio 2015, n. 6155, cliccare qui.

Mi permetto di ricordare che è recentemente uscita, nelle librerie, la V edizione del mio manuale “Anatocismo bancario e vizi nei contratti” edito da Maggioli Editore. Tra le novità, oltre a recenti sentenze, alcuni paragrafi appositamente dedicati al cosiddetto “principio di vicinanza alla fonte di prova” e ad alcuni “spunti di riflessione” sul danno biologico da abusi bancari. Per leggere il relativo post e il link per consultare l’indice, cliccare qui.

copertina Anatocismo bancario e vizi nei contratti V edizione

7 Risposte to “La banca notifica decreto ingiuntivo per oltre 180 mila euro a vedova ottantenne ma la firma della fideiussione era falsa. Il giudice revoca il provvedimento e condanna la banca al pagamento delle spese di lite.”

  1. Gianni Frescura said

    Come mai le procure non indagano mai (ne gli avvocati delle parte offese, denunciano) coloro che tentano di impadronirsi dei soldi altrui con i documenti falsi utilizzando procedure giudiziarie ?

    Il comportamento delle banche e dei loro avvocati, in questi casi, è una palese frode processuale, reato perseguibile d’ufficio! Altro che lite temeraria !

    Un caro saluto

    Gianni Frescura

    • Caro Gianni, pur essendo vero che, relativamente ai reati perseguibili d’ufficio, chiunque può proporre denuncia, credo che, per quanto riguarda gli avvocati, la risposta alla tua domanda derivi dalla circostanza che il rapporto professionale si fonda su un mandato. A volte ci possono essere vari motivi per i quali l’assistito non intenda proporre querela non potendosi, peraltro, ignorare i vari orientamenti giurisprudenziali per ogni singola materia (la denuncia e’ facilissimo presentarla; non si è onesti, però, se, poi, non si dicono al cliente le varie difficoltà o diverse interpretazioni da parte della giurisprudenza). Nel caso di specie, la signora ha oltre ottant’anni e credo sia comprensibile il non volere spendere altro tempo e risorse economiche. Credo, poi, che se ogni avvocato agisse autonomamente per ogni reato oltre il rapporto di mandato e volesse coltivare il procedimento col massimo scrupolo, dopo 4/5 procedimenti instaurati potrebbe chiudere lo studio e continuare unicamente l’attività di difensore civico “gratis et amore Dei”. Per la stessa ragione, infatti, sarebbe equo che denunciasse non solo casi simili ma anche ogni altro reato perseguibile d’ufficio pur laddove la giurisprudenza non sia univoca. Se vuoi occupartene e mi garantisci il massimo scrupolo, Ti mando un po’ di casi di reati perseguibili d’ufficio -anche ai danni della mia famiglia per i quali ci sono già processi ma in cui anche altri possono denunciare- in varie parti d’Italia. Un abbraccio. Roberto Di Napoli

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